Ciao a tutti cari chinauti,
come ve la passate? State tutti bene?
Il Natale si avvicina e noi di chinauti abbiamo pensato di farvi un regalo: un intervista ad un fumettaro, uno di quelli veri, uno di quelli che vive disegnando. Abbiamo allora scelto un nostro amico, uno degli ospiti d’onore delle passate edizioni di Peveragno Comics, una persona davvero disponibile…abbiamo intervistato per tutti voi (noi) Marco Nataleeeeeee!!!
Marco Natale in persona, proprio lui medesimo |
Avete colto il nesso? Natale si avvicina e intervistiamo Marco Natale! Grandi coincidenze o il grande mare della china ci porta verso lidi sempre speciali?
In ogni caso, bando alle ciance e iniziamo con le domande:
Ciao Marco e benvenuto su Chinati! Se per te va bene iniziamo subito con le domande ed e ci buttiamo a capofitto in questa intervista...quando hai iniziato a disegnare?
Ho cominciato a disegnare... non so, da quando iniziano i miei ricordi; come la maggior parte dei disegnatori al mondo, ricordi lontani con me che disegno mentre la mamma è ai fornelli, me che disegno con i compagni dell'asilo e poi di scuola, poi me che disegno mentre sono al pub con altri amici, e così via. Mi ricordavano a casa che trovavano anche la frutta coperta di miei disegnini fatti a penna, disegnavo dappertutto. La frutta a casa mia andava sempre sbucciata...
…la professione arriva molti anni dopo…
Hai fatto studi di settore per migliorare le tue abilità nel disegno e se sì quali?
Ho fatto il liceo, e al tempo tutti mi dicevano quanto sei bravo, farai strada, cose così, tanto che mi ero convinto di uscire da scuola e trovare subito compratori e fans. Tutto normale.
Non fu esattamente così!
Finii l'Accademia di Belle Arti scoprendo che il mio talento da solo non bastava, e che per arrivare alla professione ci sarebbe voluta tanta forza di volontà e olio di gomito.
Aprii uno studio di scultura, avevo scelto quella disciplina accademica, dopo anni di bottega dallo scultore torinese Gilberto Zorio. Ma non ebbi fortuna, diciamo un piccolo disastro. In realtà non c’era niente di strano, se pochi comprano fumetti immaginate quanti comprano sculture per casa!
Per diversi anni smisi di disegnare, feci molti mestieri, girai un po'in Europa, specie in Irlanda.
Marco Natale a Peveragno Comics 2011 |
Puoi parlarci un po' della tua carriera. Quando inizia? Come? Quando hai deciso che questa sarebbe stata la tua professione?
Ad un certo punto però ho capito che l'unica cosa che mi faceva star bene con me stesso era disegnare, ancora meglio era raccontare attraverso il disegno, una vecchia passione imparata al tempo del liceo, e così mi rimboccai le manche e cominciai a disegnare fumetti, questa volta seriamente: era il 2000, o giù di lì.
Trovai un corso di fumetto professionale dove insegnava Frezzato, un caro amico dei primi anni del liceo, proprio la persona che mi aveva fatto innamorare di questa arte, facendomi scoprire grandi autori e meravigliandomi ogni giorno con il suo talento, seguii per due anni il corso.
Il cerchio si stava chiudendo, prima della fine del corso avevo già pubblicato la prima storia autoconclusiva, La moglie del Principe Azzurro, con il quale avevo vinto il concorso Pietro Miccia legato a Torino Comics. Da li in poi non mi sono più fermato.
Nel 2003 feci un concorso per aspiranti disegnatori di cartoni animati, andò bene, venni assunto e lavorai a diversi cartoni e film di animazione, come Totò Sapore per Lanterna Magica/Medusa o Coccobill per la Rai. In quel periodo lavoravo tantissimo e con una squadra formidabile di instancabili disegnatori.
Mi capitava di prendere una matita nuova al mattino e di arrivare al suo mozzicone prima di sera, fino allo sfinimento. Imparai molto, e non l’ho mai scordato.
Dal 2005 ho pubblicato per La Stampa, per Loescher e Lattes nella scolastica per alcuni anni, (ci si poteva vivere di scolastica un tempo!) per la Jpop, per la Ferrero (per la quale mi capitano ancora collaborazioni per le sorpresine) in modo abbastanza continuativo, nel frattempo disegnavo loghi e piccole pubblicità per aziende, insegne per locali e anche inviti a nozze o menù per ristoranti, grafiche per solarium: qualsiasi cosa fosse da disegnare la disegnavo, sempre!
Non mi sono mai risparmiato, non facevo l'artista puro, avevo imparato la lezione.
Feci anche illustrazioni per tesi e testi universitari per la facoltà di psicologia, edizioni Erickson.
Era anche un modo per guadagnare lo stipendio, poichè con il fumetto vivere è abbastanza difficile, specie all'inizio. Devo a questo lungo periodo di gavetta la capacità di adattare il mio disegno a molti stili, non c'è dubbio: è stata la scuola più intensa che abbia mai fatto!
Nel frattempo disegnai molte storie, tutte umoristiche, alcune autoconclusive come lo Zarro del Uèst, Le conformazioni rocciose, L’Evoluzione, altre storie di 4/8 pagine come Bebo la Principessa e il Drago, La capra del Mago ed altre ancora: le presentavo ai concorsi in giro per l’Italia e spesso vincevo o andavo comunque in finale. Questi concorsi mi aiutavano a crescere, a darmi dei ritmi e a aumentare la mia autostima.
Quale dei tuoi lavori ami particolarmente?
Amo tutti i miei fumetti - anzi meglio – amo tutti i personaggi dei miei fumetti, ma li tengo a distanza, una volta pubblicati per me sono figli cresciuti, devono farsi strada, non li voglio in giro per casa, hanno giusto uno spazietto sulla libreria.
Marco Natale a Peveragno Comics 2011 |
Parliamo un po' del lavoro del fumettista in generale. Cosa vuol dire essere un disegnatore di fumetti? Cosa c'è dietro al tuo lavoro e quante ore al giorno passi a disegnare? Preferisci il giorno o la notte per lavorare? La tua giornata tipo?
La mia giornata tipo cambia continuamente, poichè insegno ho più discontinuità rispetto al passato, ma soprattutto dal 2011 ho fondato con alcuni colleghi iMasterArt, una azienda che promuove corsi di formazione di altissimo livello nel campo digitale, dall’illustrazione al character design in 3D: in questa struttura io insegno e coordino con lo staff diversi professionisti i quali si prestano per trasmettere alle nuove leve i segreti del loro mestiere: per me questo è motivo di orgoglio, ho convogliato nell’iMasterArt tutte le cose che io speravo di trovare nelle scuole o nelle strutture in cui ho lavorato, e che non ho mai trovato.
Quindi la mia giornata tipo come fumettista esiste di rado, spesso lavoro delle mezze giornate o alla domenica, non guardo gli orari.
Diciamo che la giornata ideale per me - quando non ho altri impegni - inizia con la sveglia verso le otto del mattino, colazione e poi alla scrivania (ho uno studio in casa, niente traffico per arrivare in ufficio) e lavoro fino all’una, mangio, e riprendo quasi subito dopo mangiato, dritto fino alle otto di sera, a volte riprendo anche dopo cena.
Se non ho grosse interruzioni produco più o meno una pagina al giorno.
A cosa stai lavorando ultimamente?
Al terzo volume della serie di Bacon
Come procedono i lavori? Quanto ti stai documentando per questa storia?
A questo fumetto dedico due giorni pieni a pagina a volte tre, sono più lento del solito. Questo è dovuto a diversi fattori: il primo è sicuramente la cura che sto mettendo nei disegni, cerco di non accontentarmi; il secondo fattore è la discontinuità, con tanti impegni è difficile staccare due giorni e riprendere da dove avevo lasciato, mi ci va un po’ a recuperare il filo della storia; il terzo è la ricerca, continuo a documentarmi con immagini storiche e cerco tagli significativi per inquadrare in modo interessante le scene, tutto questo apporta qualità ma consuma tempo. Uno scambio che oggi accetto volentieri.
Questo è il disegno che Marco Natale ha lasciato a Peveragno Comics per le edizioni future |
Se dovessi parlarci del tuo metodo produttivo? Sceneggi molto? Prima scrivi tutta la storia e poi la disegni o mescoli le due cose?
Scrivo tutto io, le storie, le sceneggiature, i personaggi, tutto: in genere dedico un paio di mesi alla storia, che costruisco partendo da un’idea, un concetto che sento di voler esprimere, poi ci costruisco intorno.
I personaggi sono importanti e compaiono da subito, sono loro che mi mostrano il loro mondo, io li seguo.
A volte scrivo la vita anche delle comparse, se poi ne racconto solo un tratto o un breve momento, non importa: daranno spessore ai protagonisti con il loro riflesso.
Scrivo e disegno, mischio le due cose, costruisco una bozza di tutto il fumetto, anche se di cento e più pagine: un fumetto imbastito, dove le vignette sono piene di segni che capisco solo io. Un lavoro sartoriale che mi permette di leggere il fumetto in anteprima, vedere se scorre, se passa l’atmosfera, se mi son perso qualcosa.
Dopo due mesi quel fumetto è pieno di aggiunte, tagli, correzioni a matita, a penna o a pennarello: ogni volta che mi viene un idea, una aggiunta da fare la butto la dentro. Funziona così per me.
Quando inizio a disegnare le tavole definitive parto da pagina uno e vado avanti senza saltare vignette, ma con il lavoro fatto nei mesi precedenti potrei partire da pagina 15 o pagina 56 senza problemi, posso gestirlo come un film in fase di montaggio.
Leggi molti fumetti? Libri? Ci sono artisti famosi o altri disegnatori che senti affini al tuo modo di disegnare o a cui ti ispiri?
Non sono un lettore seriale, mi appassiono di più agli artisti che alle storie; seguo il loro lavoro, ne ammiro la crescita: il primo in assoluto che ho conosciuto è Pazienza, ma poi Magnus, Gimenez, Altuna, Bernet, Breccia e molti altri, nei miei anni della adolescenza non c’era internet, c’era l’Eternauta. Poi Pilot e Linus, tutte quelle riviste contenitore dove scoprivo i grandi maestri.
Più avanti ci sono stati artisti emozionanti come Mastrantuono, Carnevale, che hanno impresso immagini bellissime nella mia mente. Poi tanti altri come Otto Smith, Peter de Séve, Michael Whelan tutti artisti che con il digitale hanno fatto opere magnifiche e a quali devo molto.
Una pagina dal secondo numero di Bacon |
Approposito di digitale: la tecnologia ha cambiato il tuo modo di lavorare? Come?
Con il digitale ho un ottimo rapporto, in realtà i primi rudimenti di Photoshop li ho ricevuti negli anni novanta, quando finalmente avevo imparato ad usare bene l’aerografo... e non serviva più!
Lavoro spesso al computer con la tavoletta grafica, le ultime quattro copertine le ho realizzate completamente in digitale, dal disegno al colore.
A fine Novembre è terminata una mia mostra personale di dipinti stampati su tela, prodotti interamente in digitale. L’effetto finale non si discosta dalla pittura classica, bisogna avvicinarsi molto per notarlo. Penso che il mezzo tecnico (in questo caso il computer) non possa intaccare il processo artistico, non è una scorciatoia, e solo un modo diverso di esprimersi, usando gli strumenti del mio tempo.
Hai dei consigli o indicazioni che ti senti di dare a un aspirante disegnatore di fumetti?
A proposito di questo, il consiglio che posso dare a chi inizia ora questo mestiere è quello di imparare a disegnare, progettare e colorare al computer, perchè è di qua che si sta passando, non conoscere questi mezzi significa se non altro faticare il doppio e produrre la metà rispetto a chi si sa muovere con il digitale, senza dimenticarsi che molte grandi case di produzione (quindi oltre al mondo del fumetto) lavorano quasi esclusivamente in digitale. Meditate gente, meditate...
Grazie Marco per la tua disponibilità!
Allora? Cosa ne pensate?
Se avete trovato delle perle di saggenza nelle parole di Marco, se vi ha incuriosito qualcosa di quello che ha detto fatecelo sapere!
Sperando che questa sorpresa di Natale sia stata gradita a tutti vi diciamo e ci diciamo…
...al prossimo fumetto!
cHiNaUtI