mercoledì 14 novembre 2012

BULLET POINTS di J.M. Straczinsky e Tommy Lee Edwards

Un saluto ai passeggeri odierni della nostra nave da parte del Mozzo: dopo un paio di articoli riguardanti la fiera di Lucca Comics&Games 2012 (ne manca ancora uno con un po'di foto... l'equipaggio si sta attrezzando, abbiate pazienza!) è tempo di ritornare "alle origini" e farvi gustare una bella (?) recensione!
Buona lettura!


Come si sarebbe evoluto l’Universo Marvel se il professor Erskine, a capo del progetto che rese Steve Rogers IL supersoldato americano, fosse stato ucciso un giorno prima?
Che cosa avrebbero fatto, e soprattutto che cosa sarebbero diventati, gli eroi che conosciamo e che abbiamo imparato ad amare come Hulk, Spiderman e i Fantastici 4?

Ok. Che sono un vero e proprio appassionato del Marvel Universe, di quelli che a volte rimangono svegli la notte pensando a chi è DAVVERO più forte tra la Cosa e Colosso, penso di avervelo già detto. Quel che non vi ho detto è che un’altra mia grandissima “passione” è immaginare che cosa succede dopo la fine di ogni avventura dei nostri eroi preferiti: quello che non ci viene raccontato, insomma.
Per mia somma fortuna esiste un  “sottogenere” narrativo che le accomuna, ovvero il “What if?”; esso è una specie di droga allucinogena della narrativa, che ci racconta fatti il cui svolgimento dovremmo già conoscere, in linea di massima, ma ai quali viene apportato uno (o anche più di uno) cambiamento che va a mutare tutti gli altri avvenimenti a esso collegati… intrigante, no?

Bullet Points, anche se (a mio parere) non è tra le opere maggiori di J.M. Straczinsky, non può non essere amato dai fan del Marvel Universe, per il semplice motivo che conduce il lettore a una serie di riflessioni di grandissima importanza sulla particolare concezione di supereroe che lo caratterizza.
La prima è ormai un tormentone classico, ma che è sempre bene ribadire, ovvero “non sono i superpoteri a fare l’eroe/il supercattivo, ma la personalità”; per ognuno dei protagonisti vengono mostrate le nuove origini, che sono talmente diverse da portarli a diventare supereroi differenti da quelli che sono nel Marvel Universe classico (pensiamo a Reed Richards che “diventa” Nick Fury, per esempio)… ma che sono anche talmente realistiche e in linea con il loro carattere da farci domandare seriamente “Ma quanto sarebbe stato bello fosse andata davvero così?”. La seconda riflessione riguarda invece il confronto “macroscopico VS microscopico”. Tutti i personaggi (protagonisti e comprimari) sono infatti soltanto gocce nell’oceano della Storia e vivono le loro vite in balia del caso trovando comunque sempre una ragione per andare avanti e sopravvivere; si troveranno ad affrontare Galactus (simbolo, non solo per la grande statura, della grandezza smisurata) che sarà sconfitto non tanto dall’unione dei superumani del pianeta o dal tradimento del suo araldo Silver Surfer, quanto dal sacrificio di Peter Parker/Hulk: questi, infatti, pur essendo odiato dal mondo intero e odiandolo a sua volta, decide di morire per salvare l’unica persona di cui davvero gli importi (zia May), smuovendo l’anima del freddo e implacabile Divoratore di Mondi. Il senso di tutto questo è chiaro, alla fine dell’albo: la Storia è certamente in mano al macroscopico, ma esso è inevitabilmente sottomesso all’azione del microscopico, del singolo.
Per quanto riguarda il “reparto disegni”, il tratto sporco e crudo di Tommy Lee Edwards serve perfettamente allo scopo: non mi ha fatto per nulla impazzire, dico la verità, ma sicuramente è funzionale al delinearsi della vicenda. Quel che veramente mi ha stupito sono stati i colori! Sgargianti e molto fumettistici quando necessario e cupi e malinconici nei momenti più seri e drammatici: la battaglia finale contro Galactus è un tripudio di colori semplicemente strabiliante, che i fan di VECCHIA data dell’Universo Marvel non possono non adorare!!!

Come già detto all’inizio, quindi, Bullet Points non riesce personalmente a mettersi allo stesso livello della saga di Rising Stars (per fare un esempio supereroistico dalla carriera dell’autore), ma si dimostra un potente manifesto di quanto Straczinsky ami i supereroi del Marvel Universe; è divertente, curioso e interessante e proprio per questo è un’occasione ghiotta sia per chi ne è fan (che può riflettere sui propri personaggi preferiti, riportati alla loro semplice essenza dopo anni di cambiamenti e peripezie varie) e per chi non lo è (che può godersi una semplice storia di fantascienza, fatta apposta per invogliarlo a entrare in questo mondo di “supereroi con superproblemi”).

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