Un buongiorno a tutti i passeggeri della nostra ammiraglia, che in queste ultime settimane sta "mettendo la quinta" sulle rotte del Mare di China... non solo grazie a ben tre recensioni del nostro Ismaele ma anche a... beh, aspettate e vedrete!
Il Mozzo oggi cercherà di dare il proprio punto di vista personale su una delle "ultime fatiche" di un grandissimo del fumetto contemporaneo e moderno, il magus di Northampton Alan Moore!
A voi!
Red Hook, Brooklin, 2004. L'agente federale Aldo Sax indaga su una serie di omicidi legati a una chiesa sconsacrata diventata un pub e a una misteriosa droga conosciuta come "Aklo": si ritroverà risucchiato in una spirale di follia che lo spingerà a proseguire la scia di delitti. Due anni dopo, due agenti dell'FBI si interessano al caso di Sax, desiderosi di comprendere che cosa l'abbia spinto a diventare un assassino: invece di risposte, troveranno però morte, follia e disperazione.
Diciamolo. I temi delle opere letterarie di Howard Philips Lovecraft è qualcosa che ormai a chi è appassionato di fanta-horror è stato proposto in (quasi) tutte le salse, dai videogiochi ai giochi ruolo ai giochi da tavolo a, ovviamente, i libri e i fumetti. Trattare la materia in modo totalmente originale è qualcosa di incredibilmente difficile, essendo paradossalmente una materia “vecchia” e “nuova” al contempo… ma Alan Moore con il suo Neonomicon l’ha fatto.
Quando si dice “ci vuole un pazzo per riconoscere un altro pazzo”. (Con rispetto parlando… glom!).
Il volume in questione si presenta diviso in due parti collegate narrativamente; la prima, intitolata Il Cortile, è una trasposizione a fumetti di un racconto breve dello stesso Moore, mentre la seconda, che s’intitola proprio Neonomicon, contiene la storia vera e propria ed è collocata cronologicamente due anni dopo la precedente.
Ne Il Cortile, il magus di Northampton sfrutta il sistema di creature e misteri occulti delineato da Lovecraft per dare risalto al concetto del linguaggio; per chi conosce un po’ la sua produzione artistica, il linguaggio è qualcosa che Moore ha celebrato in diverse occasioni (Promethea, Un disturbo del linguaggio e La voce del fuoco, per fare alcuni esempi) e non è quindi un tema particolarmente originale… ma come accade sempre nel trattarlo regala spunti così grandi e potenti da lasciare ancora una volta basito il lettore: la droga che un misterioso personaggio vende a Red Hook e su cui il protagonista conduce le proprie indagini, infatti, è in realtà un proto-linguaggio il cui significato è insito nella natura primitiva dell’uomo, che però l’ha dimenticato con il passare del tempo perdendo la conoscenza dei misteri dell’universo.
Linguaggio=composto lisergico capace di aprire le porte della nostra mente. Geniale!
La seconda parte riserva invece una particolare importanza alla componente fantascientifica della mitologia lovecraftiana, sulla quale abbiamo le riflessioni maggiori; una coppia di agenti federali cerca di indagare sul perché il precedente protagonista sia diventato un folle assassino, imbattendosi in un culto che venera un mostro marino antropomorfo attraverso ripetute sedute orgiastiche: dei due agenti uno viene ucciso e l’altra seviziata sessualmente dalla creatura stessa… ma (mi dispiace per loro!) quel che più colpisce è il fatto che quest’ultima sembri sostanzialmente disinteressata al valore mistico che i cultisti conferiscono a lei e alle sue azioni. Appare quindi chiaro che le creature minori della mitologia lovecraftiana siano antichi abitanti del nostro pianeta come noi, che perseguono l’istinto naturale della riproduzione e che sono gli esseri umani a dare loro connotazioni mistiche di qualche tipo… innovativo, no? Nel finale poi, ecco arrivare il pugno nello stomaco principe; nel dialogo tra i protagonisti della prima e della seconda parte, Moore lascia intendere che tutta la produzione letteraria di Lovecraft possa anche non riferirsi a eventi che sono accaduti nel nostro passato, ma a cose che potrebbero accadere in futuro: se leggerla oggi permette di distaccarsi dai fatti descritti perché sono lontani cronologicamente da noi (che quindi siamo “al sicuro” da questi pericoli cosmici), la sensazione che ha il lettore è quella di essere in rapida discesa verso un nero abisso, che potrebbe spalancarsi sotto i suoi piedi d a un momento all’altro.
Per quanto riguarda il disegno nulla da eccepire al lavoro di Jacen Burrows, che si dimostra a proprio agio (come già ne Le Cronache di Wormwood e Crossed) nel trattare una vicenda violenta, dinamica e dalla forte componente soprannaturale; l'autore delinea molto bene i personaggi e i luoghi "mortali", ma è nel trattare le creature fantastiche e i paesaggi onirici che si esprime al meglio, rendendole estremamente disturbanti e spaventose: da notare una piccola chicca riguardante il protagonista de Il Cortile…che appare inquietantemente simile allo stesso H.P.Lovecraft (e spero di non averlo notato solo io!).
Per i tanti appassionati della produione lovecrafitana, quindi, Neonomicon è un volume da gustarsi in tutto e per tutto, capace di regalare riflessioni e dare vitalità a un'ambientazione che comincia a soffrire un po’ il fatto di essere diventata “di moda”; per chi invece non conosce nulla della materia trattata le due vicende potrebbero anche risultare difficili da comprendere e sicuramente scevre di tutti quei (piccoli e grandi) richiami ai racconti originali che le rendono estremamente stuzzicanti: ecco, forse, l’unica “pecca” di Neonomicon…volendo proprio trovarla per forza!!!
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