Salve a tutti, cari topi di sentina; per la seconda recensione della giornata abbandoniamo costumi sgargianti e superpoteri per addentrarci nella pericolosa baia delle rovine della Prima Repubblica italiana... io sono il Mozzo e questo è il fumetto di cui intendo parlarvi oggi!
A voi!
Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica sono due delle pagine più controverse, oscure e vergognose della storia recente del nostro Belpaese, ma sono “soltanto” il punto di arrivo di una serie di eventi che l’hanno interessato negli ultimi decenni: a 30 anni dalla scomparsa di Roberto Calvi, “banchiere di Dio” e una delle personalità principali di quel sistema, ne ripercorriamo le attività lecite e non, analizzando attraverso la sua storia le collusioni tra mafia, servizi segreti, organizzazioni deviate e chiesa.
Con “Prima Repubblica” è comunemente inteso il lasso di tempo che, con riferimento al nostro paese, va dal 1948 al 1994; poche delle personalità che hanno partecipato al “gioco del trono” che era questo sistema politico ed economico (vi prego passatemela!) sono importanti quanto quella di Roberto Calvi, direttore del tanto vituperato Banco Ambrosiano: Luca Baino, Luca Amerio e Matteo Valdameri ci parlano quindi del periodo di tempo che va dal ’69 al ’82, che lo vede pieno protagonista.
I tre autori confezionano un volume di assoluto pregio diviso in due parti costitutive: le 100 pagine di vicenda vera e propria e due interessanti appendici (una con note degli autori alla sezione precedente e l’altra con la cronologia completa e dettagliata degli avvenimenti che intercorrono tra il 1971 e il 2011). La vicenda segue la ricerca di Calvi di potere e ricchezza personali e il punto di vista è unicamente il suo; in alcuni casi viene rinforzato con didascalie di pensiero nelle quali sono riportate le concezioni che questi ha dei personaggi che lo circondano come per esempio Michele Sindona, Paul Marcinkus e Licio Gelli: le 100 pagine, divise a loro volta in 4 capitoli, si fanno leggere tutte di un fiato e la grande mole di informazioni sulla situazione economica, politica e sociale dell’Italia del tempo scorre senza alcun tipo di intoppi. Proprio per il ritmo incalzante, leggere Il Caso Calvi è sotto certi aspetti simile a guardare un film come Il Divo di Paolo Sorrentino anche perché i molteplici e spesso improvvisi salti temporali vengono gestiti abilmente attraverso didascalie (a volte contenenti stralci di documenti ufficiali sui personaggi) oppure grazie a “stratagemmi” narrativi che risultano godibili e meno banali… anzi, personalmente avrei spinto più su di essi ed eliminato alcune didascalie, che a volte mi sono parse leggermente superflue e in contrapposizione con il tono serio e posato del resto della vicenda. Niente di “sbagliato”, anzi… credo sia solo una questione di punti di vista!
I personaggi sono costruiti e presentati in modo ottimo, con dialoghi incalzanti e intelligenti; nonostante siano tutti esistiti realmente (e quindi potenzialmente poco “romanzati” e “romanzabili”) ognuno di loro ha una personalità ambigua, viscosa e interessante ma allo stesso tempo perfettamente riconoscibile e capace di dare al lettore la sensazione che “l’alta società” italiana (del tempo… o in generale?) sia un covo di serpi: l’uomo a cui stai stringendo la mano in questo momento potrebbe pugnalarti alle spalle tra pochi secondi.
Per quanto riguarda l’apparato grafico, assolutamente nulla da eccepire; Valdameri dimostra di avere un tratto netto e chiaro che rende i diversi personaggi sia fedeli agli “originali” che incredibilmente espressivi e umani: anche l’utilizzo del bianco/nero è ottimo, soprattutto nel rendere l’atmosfera ambigua e pericolosa di quell’ambiente corrotto e violento. Menzione speciale va fatta all’impianto lettering, gestito dallo stesso Baino e che spesso non risalta (almeno nei fumetti che leggo io!); il lettering aggiunge infatti particolari sfumature alla narrazione con un semplice cambio di font: niente di eclatante, ma è dall’attenzione ai dettagli che si riconosce un professionista capace.
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